L’aborto volontario in Italia

Prima del 1978, l’aborto volontario, in qualsiasi sua forma, era considerato un reato in Italia. In base alle fattispecie, prevedeva una reclusione da uno a dodici anni. La legge 194 del 1978 ha depenalizzato e disciplinato le modalità di accesso all’aborto volontario.
Attualmente, l’interruzione volontaria di gravidanza è gratuita (a meno che non si scelga di procedere in una clinica privata) e avviene nel rispetto della privacy della donna. Al momento della dichiarazione di volontà di abortire, fatta ad un consultorio familiare o ad un medico, il personale abilitato dovrà fornire alla donna – e ai genitori della donna, se minorenne – le informazioni necessarie per procedere alla pratica e informarla di tutte le possibili conseguenze fisiche e psicologiche. A quel punto, la donna avrà del tempo per riflettere sulla scelta.

L’aborto volontario è consentito entro e non oltre 90 giorni dal concepimento, a meno che, alla base della scelta di interrompere la gravidanza, ci sia un motivo serio di salute della madre o del bambino. In questo caso il rischio alla salute deve essere certificato da un medico.

I medici che non sono d’accordo eticamente con questa pratica possono avanzare l’obiezione di coscienza e quindi rifiutare di eseguire l’intervento. Nel 2017, i ginecologi obiettori erano il 68,4% del totale, mentre gli anestesisti il 45,6%. Le strutture con reparto di ostetricia e ginecologia che effettuano le interruzioni volontarie di gravidanza (IGV) risulta pari al 64,5% del totale; tale numero garantisce una copertura a livello nazionale, anche se vi sono alcuni territori meno coperti di altri.

Andamento del fenomeno

Per quanto riguarda le numeriche del fenomeno, tutti gli indicatori concernenti gli aborti volontari confermano un trend di diminuzione costante del fenomeno dal 1982:

  • nel 2020 sono state registrate 65.757 IGV (-8,2% rispetto al 2019). Si tenga presente che ne 1982 erano più di 231.000. La maggior parte delle interruzioni hanno riguardato donne tra i 26 e i 35 anni (45%), tra i 18 e i 25 anni (24%) e tra i 36 e i 40 anni (20%). Le donne sopra i 40 anni (9%) e le minorenni (2%) sono meno impattate dal fenomeno;
  • il tasso standardizzato di abortività (numero di IVG ogni 1.000 donne di 15-49 anni residenti) nel 2020 è risultato pari a 5,42 (oltre il -60% rispetto al 1982);
  • il rapporto di abortività (numero di IVG rispetto a 1.000 nati vivi) nel 2019 è risultato pari a 170,5 (oltre il -50% rispetto al 1982);
  • tra le minorenni il fenomeno registra una diminuzione costante dal 2004;
  • tra le donne straniere il fenomeno mostra un rallentamento, anche se ancora un terzo delle IVG totali in Italia continua ad essere a loro carico.

Di seguito un grafico che illustra il calo costante, dal 1982 al 2019 di interruzioni volontarie di gravidanza.

Di seguito una panoramica sul tasso di abortività (il numero di IVG ogni 1.000 donne di 15-49 anni residenti) dal 2010 al 2020.

In generale al Sud e nelle Isole si riscontra un tasso di abortività minore rispetto al Centro e al Nord.

Perché si ricorre sempre meno all’aborto in Italia

Alla base della diminuzione del fenomeno vi sono molte variabili; è piuttosto complesso, se non impossibile, stimare quali siano quelle che più hanno pesato sulla riduzione. Oltre al calo delle nascite, di cui si parla dettagliamene nell’articolo sulla demografia italiana, vi sono sicuramente:

  • l’istituzione di un percorso legalizzato che prevede l’affiancamento di specialisti alla donna;
  • l’aumento del tasso di scolarizzazione medio della popolazione. Laddove è più basso, ad esempio tra gli stranieri, si rileva un tasso di abortività maggiore;
  • una costante attività di promozione nazionale sulla procreazione responsabile, erogata soprattutto dai consultori familiari;
  • un maggior uso dei metodi contraccettivi per aiutare a prevenire le gravidanze indesiderate;
  • l’aumento dell’uso della contraccezione d’emergenza (pillola del giorno dopo o dei 5 giorni dopo), che viene esclusa dalle statistiche dalle IVG.

Un confronto con altri Paesi esteri

Nel 2019, il rapporto di abortività (il numero di IVG rispetto a 1.000 nati vivi) del Bel Paese risulta fra i più bassi a livello Europeo. Di seguito una panoramica EUROSTAT.

All’interno dei dati ufficiali non sono inclusi, per ovvie ragioni, gli aborti clandestini che l’ISTAT attesta, solo in Italia, tra i 10.000-15.000 su base annua.

TAKE AWAY

► Tutti gli indicatori concernenti gli aborti volontari confermano un trend in costante diminuzione del fenomeno dai primi anni ’80. Nel 2020 si sono contate circa 65.800 IGV (erano oltre 231.000 nel 1982). In generale al Sud e nelle Isole si riscontra un tasso di abortività minore, rispetto al Centro e al Nord.
► Alla base del calo del numero vi sono molte variabili: il calo delle nascite, l’istituzione di un percorso legalizzato; l’aumento del tasso di scolarizzazione; l’attività di promozione sulla procreazione responsabile; un maggior uso dei metodi contraccettivi.
► Nel 2019, il tasso di abortività registrato in Italia risulta tra i più bassi in Europa.

Fonti:
Legge 22 maggio 1978, n. 194 – Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza – Maggio 1978
Ministero della Salute – Relazione del ministro della salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (legge 194/78) – Dicembre 2018
ISTAT – Interruzioni volontarie della gravidanza – Aprile 2022
EUROSTAT – Abortion Indicators – Ottobre 2021
ISTAT – Serie Storiche: dimissioni dagli istituti di cura per aborto spontaneo per ripartizione geografica, anni 1956-2013 – Gennaio 2020