Il sistema sanitario italiano

Prima di affrontare il tema del sistema sanitario italiano, è bene chiarire che la spesa sanitaria di un Paese si può suddividere due macro-categorie sulla base di chi la sostiene: spesa pubblica e spesa privata. La seconda include sia la spesa erogata da fondi sanitari integrativi o da polizze assicurative, sia la spesa direttamente sostenuta dai cittadini (c.d. spesa out-of-pocket).
In Italia, la spesa pubblica è la componente principale della spesa sanitaria totale e affluisce all’interno del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Quest’ultimo, nato nel 1978, ha come missione di fornire assistenza sanitaria completa all’intera comunità, senza distinzioni di genere, residenza, età, reddito o lavoro. Garantisce dunque parità di accesso ai percorsi assistenziali ad ogni persona bisognosa di cure.

Il SSN è stato progettato su tre diversi livelli: il Governo centrale, i 20 Governi regionali, le Aziende sanitarie locali (ASL) e gli ospedali indipendenti. Il Governo centrale ha la responsabilità di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute definendo i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA); i Governi regionali hanno la responsabilità diretta per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Governo.

Complessità e criticità del sistema sanitario Italiano

La configurazione del servizio sanitario in Italia è piuttosto complessa. Ciò è dovuto principalmente a due aspetti:

  • il servizio nazionale è la somma di tanti diversi sistemi regionali. La differenziazione regionale avrebbe dovuto centrare la valorizzazione delle diversità, sia amministrative, sia di contesto;
  • accanto alle prestazioni offerte dalle strutture pubbliche, è data all’utente la possibilità di rivolgersi alle strutture private. Le cure erogate da queste ultime possono essere coperte dal pubblico erario, per effetto di accordi con l’amministrazione regionale. Ciò comporta che la spesa sanitaria pubblica e quella privata si combinano in varie forme.

Le regole indicate agli attori sanitari hanno trovato nei vari sistemi regionali applicazione diversificata, sia tra fornitori pubblici, sia tra quelli privati. Ciò ha determinato differenze di sistema, che si esprimono in una diversa distribuzione dei ruoli tra operatori pubblici e strutture private, ma anche in diversi esiti, in termini di spesa e qualità del servizio.

Alla luce di queste criticità, da più parti emergono preoccupazioni. Molti temono che questo sistema misto possa minare nel lungo periodo la copertura universale.

Efficienza del sistema sanitario italiano

I pareri non positivi di alcuni istituti di ricerca sul sistema sanitario italiano dipendono essenzialmente dalla forte eterogeneità evidenziata tra le varie ragioni, in termini di aspettativa di vita in buona salute. I pareri positivi pongono invece l’accento sull’universalità del sistema e l’alta aspettativa di vita alla nascita.

Nonostante le problematiche evidenziate, il Sistema Sanitario Nazionale italiano viene comunque considerato come uno tra i sistemi sanitari più efficienti a livello globale. Di seguito una panoramica sull’aspettativa di vita alla nascita tra alcuni Paesi OCSE e sull’aspettativa di vita in buona salute alla nascita tra i Paesi Europei. I dati fanno riferimento al 2019.

Come è possibile evincere dal grafico, l’Italia ricopre le prime posizioni a livello globale. Occorre però sottolineare che tale dato dipende da molte variabili non correlate direttamente con il sistema sanitario, tra cui l’alimentazione e le pratiche di igiene.

In generale, si può sostenere che il sistema sanitario italiano è caratterizzato da luci e ombre, ma risulta comunque uno dei più efficienti e accessibili su scala globale. Per capire quali sono i punti di debolezza di tale sistema, si analizzeranno vari parametri. Per approfondire la comparazione tra il sistema sanitario italiano e quello di altri Paesi, si rimanda all’articolo selle principali cause di morte in Italia.

Risorse pubbliche investite nel sistema sanitario italiano

Di seguito la quota di PIL destinata alla spesa pubblica sanitaria in Italia rispetto a quella destinata negli altri Paesi Europei al 2020.

Nel 2020 la spesa pubblica sanitaria italiana è stata pari al 7,9% del PIL (media EU 8%). Si consideri che il 6,5% è la soglia limite indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per garantire un sistema efficiente. L’Italia non sta destinando ingenti risorse pubbliche al sistema sanitario, se paragonata ad altri Paesi maturi. Il dato è ancora più evidente se si paragonano le percentuali di spesa sul PIL dei principali Paesi Europei dal 2010 al 2020.

Nel 2020 si è registrato quasi ovunque un aumento dell’indicatore sul PIL a causa dell’aumento di spesa in termini assoluti, volto a fronteggiare la pandemia da Covid-19, ma soprattutto a causa della drastica riduzione del PIL.

Nel 2018, il totale della spesa sanitaria sostenuta dagli italiani è stato pari a 154,9 miliardi. La spesa sanitaria pubblica è stata pari a 113,1 miliardi (73%). 41,8 (il 27%) sono stati i miliardi sostenuti dai privati (per il 14% attraverso polizze e fondi sanitari, per l’86% attraverso una spesa diretta).

L’accessibilità al sistema sanitario e la rinuncia alle cure

Negli anni, la diminuzione di investimento pubblico in termini relativi sul PIL ha comportato un’inevitabile maggiore spesa a carico dei privati. La possibilità di accedere alle prestazioni sanitarie è un aspetto rilevante per l’equità di un sistema sanitario. La rinuncia a prestazioni sanitarie avviene in gran parte per problemi economici, ma non solo. Concorrono anche variabili legate alla caratteristiche dell’offerta, come le lunghe liste di attesa o la difficoltà nel raggiungere i luoghi di erogazione del servizio.

Nel 2020, in Italia, 1 cittadino su 10 ha dichiarato di aver rinunciato, pur avendone bisogno, a visite o accertamenti negli ultimi 12 mesi; nel 2019 la quota era pari al 6,3%. Il dato che si registra nel 2020 è certamente straordinario, in aumento rispetto all’ultimo anno di oltre il 40%, per la particolare situazione legata alla pandemia da COVID-19. Si notano evidente differenze a livello geografico. In generale, al Nord, dove il reddito e l’accessibilità ai servizi sono maggiori rispetto alla media nazionale, si rinuncia meno alle cure.

A fronte di circa 3 milioni di cittadini non autosufficienti che necessitano di assistenza, si contavano già nel 2015 oltre 1,3 milioni badanti; queste ultime generano una spesa per le famiglie di 10 miliardi l’anno. Negli anni il numero di cittadini non autosufficienti continuerà ad aumentare, per via dell’invecchiamento della popolazione. A quel punto, si rischierà un forte sovraccarico per gli ospedali e un altrettanto forte aumento del carico dell’invecchiamento sulle spalle delle famiglie. Per approfondire il tema del calo demografico, si rimanda all’articolo sulla demografia italiana.

Eterogeneità territoriali

Come già detto, all’interno del SSN vi sono evidenti differenze sul piano territoriale, in termini di investimenti e performance. Anche la spesa sanitaria pubblica pro-capite è stata molto variabile a livello regionale; ciò accade a causa delle differenze nelle condizioni socio-economiche e nei modelli di gestione dei sistemi sanitari regionali. I livelli di spesa del Centro e del Nord sono simili e superiori alla media nazionale, mentre nel Mezzogiorno sono inferiori.

Altrettanto ampio è il divario tra regioni del numero di posti letto ospedalieri. Nel Nord e nel Centro viene effettuati un maggior numero di ricoveri per i non residenti. Nelle Isole e nel Sud avviene l’esatto opposto.

Di seguito una serie di dati riguardo i tassi di mortalità standardizzati registrati per 10.000 abitanti tra le varie macro-aree del Bel Paese nel 2018.

Posti letto in Italia e in altri Paesi sviluppati

Altro dato interessante per paragonare il sistema sanitario italiano a quello di altri Paesi è il numero dei posti letto ospedalieri a disposizione. Di seguito un grafico che evidenzia l’andamento delle numeriche dal 2009 al 2019 in alcuni Paesi OCSE. I dati OCSE includono i posti letto nelle strutture private non accreditate, ma escludono i posti in “day hospital” e “day surgery”. I numeri sono da intendersi ogni 1.000 abitanti.

Com’è possibile evincere, il trend decrescente dei posti letto è presente in quasi tutti i Paesi considerati. Il calo riflette i cambiamenti nelle pratiche mediche, la riduzione dei tempi di ospedalizzazione, l’uso più esteso di assistenza territoriale e domiciliare rispetto al ricovero ospedaliero, riservato ai casi gravi. Tuttavia, tra il 2009 e il 2019 il calo dei posti letto in Italia (-13,5%) è stato superiore alla media OCSE (-8,3%) e al 2019 in Italia si contano 3,2 posti ogni 1.000 abitanti contro una media OCSE di 4,4.

Dottori e infermieri impiegati in Italia e in altri Paesi sviluppati

Per quanto riguarda i numeri dei dottori impiegati, di seguito un grafico che evidenzia l’andamento delle numeriche dal 2000 al 2019 in alcuni Paesi OCSE. Il dato include i medici e odontoiatri impiegati nelle strutture di ricovero pubbliche e private accreditate. I numeri sono da intendersi ogni 1.000 abitanti.

Il numero italiano di dottori praticanti sulla popolazione è aumentato dal 2010 al 2019. L’Italia (con 4,1 dottori ogni 1.000 abitanti) risulta al di sopra della media OCSE (3,6). Al 2019 l’Italia conta circa 246.000 dottori praticanti. Sul lato dell’età, il Bel Paese ha il più alto numero di medici di età superiore ai 55 anni in rapporto al totale tra i Paesi OCSE. Questa percentuale è passata dal 18,9% nel 2000 al 55,1% nel 2017. Entro il 2022 si stimano quasi 15.000 pensionamenti di medici di medicina generale ed entro il 2025 si stimano circa 52.000 pensionamenti di medici ospedalieri. È dunque evidente che lo Stato dovrà trovare soluzioni per sopperire all’oggettiva carenza di personale che si configurerà entro il 2025.

Con oltre 1.224 assistiti per medico di base, l’Italia soffre inoltre di una carenza di assistenza primaria nel territorio rispetto ai maggiori Paesi Europei. Esistono notevoli differenze tra regioni: in quelle del Nord i medici di base hanno un carico di assistiti più elevato (1.326 assistiti) di quelle del Sud (1.102).

Per quanto riguarda i numeri del personale infermieristico, di seguito un grafico che evidenzia l’andamento delle numeriche dal 2000 al 2019 nei Paesi OCSE. I numeri sono da intendersi ogni 1.000 abitanti.

Il numero di infermieri è salito nel periodo 2000-2019 arrivando a contare 6,16 unità ogni 1.000 abitanti, ma l’Italia risulta comunque ben al di sotto della media OCSE (8,8). Si tratta di circa 367.000 unità (1,5 per ogni dottore contro una media OCSE di 2,6). Anche in questo caso, la remunerazione media degli infermieri risulta inferiore alla media OCSE, a parità di potere di acquisto.

Come migliorare il sistema sanitario italiano

Come ormai risulterà chiaro, il Sistema Sanitario Nazionale Italiano sta affrontando e affronterà sempre di più in futuro alcune criticità dalla non facile gestione. Queste considerazioni assumono ancora più valore alla luce della pandemia da COVID-19 che ha colpito fortemente l’Italia nel 2020 e 2021 e ha evidenziato tutte le debolezze strutturali.

Non sottovalutando il COVID-19, per tutti i sistemi sanitari europei, nel lungo periodo, sarà importante non trascurare altri fattori di rischio fondamentali per la salute:

  • il fumo, che rimane la causa più importante di mortalità prematura in tutta l’UE (circa 700.000 decessi all’anno);
  • i fattori ambientali, di cui si è discusso ampiamente nell’articolo dedicato all’inquinamento atmosferico;
  • il consumo di alcol, che è responsabile tra i 255.000 e i 290.000 morti all’anno in UE;
  • l’alimentazione malsana, la mancanza di attività fisica e l’obesità. Più di un adulto su sei è obeso nei paesi dell’UE e vi sono ampie disparità socioeconomiche nei tassi di sovrappeso e obesità.

Al fine di gestire tale complessità, molti istituti di ricerca suggeriscono all’Italia di:

  • potenziare il finanziamento pubblico della sanità, riducendo la spesa privata;
  • delineare un piano nazionale di identificazione degli sprechi e delle inefficienze;
  • costruire un vero e proprio sistema nazionale senza differenze territoriali, ridefinendo livelli di assistenza minima e criteri di controllo centrale;
  • sopperire alla carenza di operatori sanitari e istituire meccanismi per mobilitare rapidamente le risorse umane in tempi di crisi.

TAKE AWAY

► Il sistema sanitario italiano risulta uno dei più efficienti al mondo. I punti di forza sono l’universalità e l’aspettativa di vita che riesce a garantire, ma non mancano alcune criticità.
► La spesa pubblica destinata alla sanità, in termini relativi sul PIL, è piuttosto bassa se paragonata a quella di altri Paesi sviluppati. Ciò ha determinato, negli anni, un aumento della spesa privata in sanità. Si registra un basso numero di posti letto e infermieri impiegati, un’alta età media dei dottori, una bassa remunerazione del personale ospedaliero e diffuse eterogeneità tra regioni.
► Per affrontare i punti di debolezza del SSN, occorreranno maggiori investimenti pubblici e una forte riorganizzazione legislativa.

Fonti:

Treccani – Sanità pubblica e privata – 2017
Ministero della Salute – L’organizzazione del ministero – 2018
OCSE – Health at a Glance 2021 – Novembre 2021
OCPI – Carenza di medici di base in Italia: un confronto europeo e nazionale – Novembre 2021
ISTAT – Mortalità per territorio di residenza – 2022
EUROSTAT – Healthy life years by sex – Marzo 2021
EUROSTAT – General government expenditure by function Health – Febbraio 2022
GIMBE – Pubblicazioni – Marzo 2022
Bloomberg – Health Care Efficiency – Dicembre 2020
HCP – Euro Health Consumer Index 2018 Report – Febbraio 2019