Il mondo post-universitario italiano

Analizzare i numeri relativi al mondo post-universitario di un Paese è fondamentale per capirne il potenziale in termini di ricerca e innovazione. Nel sistema educativo italiano si distinguono principalmente quattro tipologie di titoli post-universitari:
- I master di primo o secondo livello: i primi si possono ottenere se si è in possesso di una laurea triennale, i secondi di una laurea magistrale. I master, che possono essere erogati da un’università (universitari) o organizzato da un istituto abilitato, hanno la finalità di approfondire specifici ambiti disciplinari. Prevedono spesso esperienze all’estero e stage curricolari;
- Il dottorato di ricerca: ha l’obiettivo di preparare alla metodologia per la ricerca scientifica avanzata. Prevede solitamente un’esperienza estera e l’utilizzo di laboratori di ricerca. L’ammissione richiede il possesso di una laurea magistrale e il superamento di un concorso per l’accesso. La durata è di almeno tre anni;
- La specializzazione: tale titolo viene erogato dalle Scuole di Specializzazione e ha lo scopo di formare specialisti in un determinato settore;
- L’Esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio delle professioni: a seguito del superamento dell’esame, si è abilitati all’esercizio di una determinata professione ed è possibile iscriversi al corrispondente Albo Professionale. In Italia esistono numerosi ordini e collegi professionali (Avvocati, Commercialisti, Ingegneri, Medici e Odontoiatri, Notai, Psicologi…).
Ricercatori, specializzati e italiani con master in Italia
Di seguito un grafico che consente di visualizzare i diplomati/abilitati in territorio italiano per ogni tipologia di titolo post-universitario sopra menzionato. Nei dati MIUR vengono considerati solo i master universitari e non quelli privati.
Com’è possibile evincere dal grafico, dal 2007-2008 si è assistito ad un calo marcato di diplomati alle scuole di specializzazioni e di abilitati all’esame di stato. Negli ultimi anni hanno rallentato inoltre i diplomati ai master universitari di II livello e i dottori di ricerca. Nel 2020 esplode invece il numero di diplomati in master di I livello e esami di stato. Per via della pandemia da Covid-19 molti cittadini e stranieri hanno infatti investito in formazione. Nel 2021 hanno conseguito un titolo post lauream oltre 100.000 persone.
Caratteristiche dei dottori di ricerca in Italia
In media, nel 2022, i dottorandi Italiani si iscrivono uno o due anni dopo aver conseguito la laurea magistrale. Dal punto di vista del genere, non ci sono differenze significative. Nel 2022, l’età media al conseguimento del titolo di dottore di ricerca è pari a 32,4 anni.
A un anno dal conseguimento del titolo di dottore di ricerca, il tasso di occupazione al 2022 è complessivamente pari all’90,9% (91,9% per gli uomini e al 90% per le donne). Il tasso di occupazione dei dottori di ricerca ad un anno dal titolo va dal 93,2% nell’ambito ingegneristico, all’81% nell’ambito delle scienze umane.
A un anno dal conseguimento del titolo di studio la retribuzione mensile netta dei dottori di ricerca è pari, in media, a 1.836 euro, valore nettamente più elevato di quello osservato sia per i laureati di secondo livello a un anno dalla laurea (+34,4%, 1.366 euro) sia per quelli a cinque anni (+8,2%, 1.697 euro).
Al 2022, tra i dottori di ricerca occupati a dodici mesi dal titolo, la valutazione che i dottori di ricerca hanno dato circa la soddisfazione per il proprio lavoro è positiva: complessivamente pari a 8,1 in media, su una scala da 1 a 10. In dettaglio, i dottori di ricerca si dichiarano particolarmente soddisfatti per la coerenza con gli studi fatti (8,4 su 10), i rapporti con i colleghi, la rispondenza ai propri interessi culturali e l’acquisizione di professionalità (8,2). All’opposto, gli aspetti nei confronti dei quali i dottori di ricerca esprimono minore soddisfazione sono il tempo libero a disposizione e la stabilità e sicurezza del lavoro (6,9).
I principali problemi dei dottorandi italiani
Nonostante i tanti dati positivi appena mostrati, il mondo dei dottorandi italiani, mostra alcune problematiche:
- Al 2018, il 66,2% dei dottorandi svolgeva il dottorato nella stessa università in cui ha conseguito la laurea. Questo fenomeno, definito academic inbreeding (consanguineità accademica), è sconsigliato da un’ampia letteratura. Specializzare e assumere dottorandi laureati nello stesso ateneo non aiuta a far circolare le idee tra diverse università e limita dunque le potenzialità della ricerca;
- Il 15% dei dottorati intervistati da ADI nel 2018 ha dichiarato di aver riscontrato problemi con il proprio tutor per temi legati alla didattica, per la sua presenza discontinua, limitata o assente, per scarsa o cattiva comunicazione, per richieste eccessive e/o improprie;
- Al 2018, il 48,2% dei dottorandi sono iscritti al Nord, il 29,6% al Centro e il 22,2% al Sud. I primi 10 atenei (quasi tutti del Nord) per numero di posti banditi, nel 2018, hanno bandito il 43% del totale dei posti;
- Al 2017, i ricercatori italiani guadagnano in media circa 30.000 dollari annui netti, decisamente meno rispetto a quelli inglesi (75.000), tedeschi (60.000) o francesi (50.000). Pur considerando il diverso potere di acquisto dei Paesi, il reddito dei dottorati italiani risulta decisamente inferiore alla media.
Sempre meno posti per ricercatori in Italia
Tra i Paesi OCSE, l’Italia risulta indietro per numero di dottorati in termini assoluti e sulla popolazione.
L’Associazione Dottorandi e Dottori di ricerca in Italia (ADI) ha calcolato che dal 2007 al 2018 i posti banditi per un dottorato di ricerca sono diminuiti di oltre il 43%. I posti banditi nel 2018 sono 8.960 (-3,5% rispetto al 2017). Nel 2007 erano 15.832. La riduzione negli anni è dovuta al taglio drastico dei posti non finanziati (senza borsa di studio). Dal 2010 sono passati ad essere il 39% dei totale, fino al 16,9% del totale nel 2018.
Allo stesso tempo, nel 2018 si è registrato un lieve aumento del numero di corsi di dottorato, dopo la grande contrazione avvenuta negli scorsi anni. Dal minimo del 2014 (896), si è passati a 967 del 2018, pur considerando che nel 2007 erano 2.223.
Il fenomeno della “fuga dei cervelli”
Soprattutto per il tema legato alla retribuzione, da anni l’Italia assiste inesorabilmente al fenomeno dell’emigrazione qualificata. Nel 2019, a quattro anni dal conseguimento del titolo, il 18,8% dei dottori di ricerca vive e lavora all’estero. Le mete preferite risultano Regno Unito (21,2%), USA (14%), Germania (11,7%) e Francia (11,2%).
Per capire quanto il fenomeno della “fuga di cervelli” stia assumendo contorni sempre più preoccupanti, si guardi il numero di premi di ricerca assegnati dall’European Research Council nel 2021. Tali premi, fino a 1,5 milioni di euro, vengono erogati per 5 anni ai migliori progetti di ricerca europei. Il 15% dei ricercatori premiati ha cittadinanza italiana, ma solo il 7% dei progetti viene realizzato in Italia.
Caratteristiche dei diplomati ad un master in Italia
Per quanto riguarda il mondo dei master, il 42,8% dei diplomati di master di primo livello ha concluso un corso nell’area economica, giuridica e sociale, il 28,9% nell’area medica, il 19,0% nell’area umanistica e il 9,3% nell’area scientifica e tecnologica. Per i diplomati di master di secondo livello le aree disciplinari più rappresentate sono quella medica (36,8%) e quella economica, giuridica e sociale (33,8%), seguite dall’area scientifica e tecnologica (20,1%) e umanistica (9,2%).
La componente femminile è particolarmente elevata tra i diplomati di master ed è pari al 62,1%. La quota di donne è massima tra i diplomati dell’area umanistica (76,8%) e di quella medica (67,1%); scende al
58,5% per i diplomati dell’area economica, giuridica e sociale. L’area disciplinare in assoluto a minore incidenza femminile è quella scientifica e tecnologica, con una quota di donne pari al 45,6%. La presenza femminile è preponderante sia tra i diplomati di primo livello (le donne rappresentano il 67,6%) sia tra quelli di secondo livello (55,3%). Complessivamente, l’età media al conseguimento del titolo di master è pari a 34,2 anni.
A un anno dal conseguimento del master, il tasso di occupazione è complessivamente pari all’86,0%: 85,3% per i diplomati di master di primo livello e 86,9% per i diplomati di secondo livello. La retribuzione mensile netta, a un anno dal conseguimento del master, è pari in media a 1.847 euro (2.043 euro per quelli di secondo livello, 1.696 euro per quelli di primo livello). Si tratta di un valore nettamente più elevato di quello osservato nel 2022 per i laureati, sia a un anno, sia a cinque anni dal titolo.
Livello di prestigio dei master italiani
Il livello qualitativo dei master erogati in Italia cresce ogni anno. Tra i primi 120 master in management al mondo, la QS Top Universities menziona quattro università italiane: il Politecnico di Milano, la SDA Bocconi di Milano, la Luiss di Roma e la Business School di Bologna.
Lo stage svolto durante il master si configura frequentemente come un accesso privilegiato nel mercato
del lavoro. Nel complesso, al 2022, un quinto dei diplomati di master ha svolto uno stage durante il corso. Tra i diplomati di master, occupati a un anno e che hanno svolto uno stage durante il master, il 39,6% ha ricevuto una proposta di inserimento nell’ente o azienda presso cui lo ha svolto.
La soddisfazione complessiva per il lavoro svolto raggiunge, in media, 8 punti su una scala da 1 a 10. L’84,2% dei diplomati rifarebbe lo stesso corso di master, presso lo stesso ateneo.
Il costo dei master italiani
Anche nel mondo dei master italiani, vi sono delle ombre.
In particolare, in italia, il titolo rischia di assumere una veste classista. I costi per partecipare ad un master, specie se di secondo livello ed erogato da istituti privati, sono piuttosto alti: superiori mediamente ai 5.000 euro annui con picchi di 20-40.000 euro.
Nel 2018, solo il 9,3% degli iscritti ha potuto contare sulla copertura totale dei costi di iscrizione e il 10,7% è stato coperto da una borsa di studio parziale. Il 19% dei finanziamenti è stato erogato dall’università, il 46% da altri enti pubblici e il 26% da enti privati.
Anche per tale motivo, l’estrazione sociale della famiglia dell’iscritto è un fattore fondamentale. Tra i diplomati di master di II livello, nel 2019, il 40% aveva almeno un genitore laureato, contro il 34% dei laureati magistrali; tra i diplomati di master di primo livello, gli iscritti che avevano almeno un genitore laureato erano il 28,8%, contro il 26,4% dei laureati triennali.
Specializzazioni in Italia
Per quanto riguarda le specializzazioni, le aree disciplinari sono quella sanitaria (ad accesso riservato ai medici e non), veterinaria, dei beni culturali, psicologica e delle professioni legali. Anche questo titolo post lauream consente di ottenere un trattamento economico superiore alla media di quello dei laureati magistrali.
Per quanto riguarda l’area di specializzazione medica, ad esempio, il trattamento è corrisposto mensilmente dalle Università e, tolte le trattenute, lo stipendio netto è pari a circa 1.650 euro al mese per i primi due anni e a circa 1.750 euro al mese per gli anni successivi.
Allo stesso tempo, sono richieste, agli specializzandi medici, numerose tasse, che non seguono criteri uniformi a livello nazionale, né regolamenti progressivi che tengano conto di indicatori familiari e del costo della vita nelle diverse città. Inoltre, sul tema degli stipendi, vi sono forti discrepanze con altri Paesi esteri.
Investire maggiormente in ricerca e sviluppo
Negli ultimi 20 anni l’economia italiana è stata caratterizzata da una prolungata stagnazione, perdendo terreno rispetto agli altri Paesi avanzati. Il motore principale della crescita è l’innovazione e per innovare sono senza dubbio necessarie risorse e conoscenze. Di seguito una panoramica della % di PIL destinata a ricerca e sviluppo nei principali Paesi Europei nel 2021.
Come si può evincere dal grafico, in Italia la spesa – sia pubblica, sia privata – dedicata all’innovazione è molto bassa se paragonata ad altri Paesi avanzati. Per rivitalizzare l’economia italiana e combattere l’emigrazione qualificata, è auspicabile che lo Stato investa maggiormente nel proprio sistema educativo e incentivi anche il tessuto produttivo privato a puntare maggiormente sull’innovazione. L’impatto in termini di occupazione e retribuzione pro-capite sarebbe senz’altro positivo.
Per approfondire il tema del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro e il fenomeno dell’occupazione e disoccupazione in Italia, si rimanda all’apposito articolo.
TAKE AWAY
► Nel 2021 hanno conseguito un titolo post lauream circa 100.000 persone.
► Il tasso di occupazione e la remunerazione garantiti da un titolo post laurea sono mediamente superiori rispetto a quelli garantiti da una laurea, ma ma nel mondo post-universitario italiano non mancano le problematiche. I dottorandi in Italia sono pochi e la categoria soffre di academic inbreeding, di problemi relativi alla geografia e al rapporto tutor-ricercatore. I dottorandi e gli specializzandi vengono remunerati meno rispetto all’estero. Per conseguire un master prestigioso occorre sostenere alti costi di iscrizione.
► In ottica di competizione globale e al fine di rivitalizzare l’economia italiana, è auspicabile puntare maggiormente alla diffusione dei titoli post laurea, investendo maggiormente in educazione terziaria, ricerca e sviluppo.
Fonti:
– MIUR – Offerta Formativa – 2023
– MIUR – Portale dei Dati dell’Istruzione Superiore – Agosto 2023
– ADI – VIII Indagine ADI su Dottorato e Postdoc – 2019
– ANVUR – Rapporto Biennale sullo Stato del Sistema Universitario e della Ricerca 2018 – 2019
– Almalaurea – VI Indagine condizione occupazionale dei Dottori di ricerca – 2023
– Almalaurea – VI Indagine condizione occupazionale dei Diplomati di master – 2023
– FederSpecializzandi – 1° Report nazionale sulla tassazione universitaria dei medici in formazione specialistica – 2019
– OCSE – OECD Science, Technology and Innovation Outlook 2018 – Dicembre 2018
– ERC – Projects & Figures – 2021
– Top Universities – QS Management Masters Rankings – 2021
– EUROSTAT – R&D expenditure – Dicembre 2021
– OCPI – Come rilanciare la crescita investendo nella ricerca – Ottobre 2020
– QS Top Universities – QS Business Master’s Rankings 2023: Management – 2023