Incubatori e start-up in Italia

In un mondo in cui la trasformazione digitale tocca ormai ogni ambito del quotidiano, è importante stimolare la crescita e lo sviluppo di un ecosistema imprenditoriale orientato all’innovazione, capace di creare nuova occupazione e di attrarre capitale umano e finanziario. Una delle strategie più vincenti per una nazione è proprio quella di puntare sull’instaurazione di un network composto da start-up innovative e incubatori di imprese.
Con il termine “start-up” si identifica genericamente una impresa neonata dotata di una struttura organizzativa temporanea e di un modello di business potenzialmente scalabile. Una start-up innovativa è una nuova impresa il quale prodotto o servizio commercializzato è ad alto valore tecnologico.
Con il termine incubatore aziendale si intende invece un programma progettato per accelerare lo sviluppo di imprese, attraverso una serie di risorse, finanziarie e non. A differenza di un comune centro di ricerca o di un parco tecnologico, i business incubator offrono alle aziende numerosi servizi di assistenza mirate ad introdurli in un network di altre imprese e servizi che possano sostenersi a vicenda.
Quanti incubatori e start-up in Italia?
Dal 2012 il Ministero dello Sviluppo economico (MISE) ha creato un apposito registro e al 2022 si contano circa 14.000 start-up innovative. Da un punto di vista territoriale, a Dicembre 2020, la Lombardia ospita il 27,1% di tutte le start-up Innovative italiane. La Provincia di Milano da sola rappresenta il 19,2% della popolazione nazionale. Altre regioni importanti sono: il Lazio (11,7%), la Campania (8,8%), il Veneto (8,1%) e l’Emilia Romagna (7,9%). Di seguito una mappa dell’Italia con la distribuzione delle start-up a fine 2020.
Le startup innovative sono soprattutto microimprese con un fatturato medio di circa 180.000 euro. Il 7,9% ha un fatturato minore a 100.000 euro, il 20,4% tra 500.000 euro e 1 milione, il 19,7% oltre il milione. Questo è in parte fisiologico: quando la start-up diventa di successo e dunque più strutturata perde infatti lo status di start-up e diventa una vera e propria impresa. Le startup innovative mostrano poi un’incidenza elevata di società in perdita (oltre il 52,2%).
A fine 2021, si contavano 229 incubatori e acceleratori (+4% in 12 mesi), per un totale di circa 1.600 dipendenti. Circa il 64% del totale si trova in Italia settentrionale, con una prevalenza in Lombardia (25%), Emilia-Romagna (13%) e Lazio (8%). L’area meridionale e quella insulare rappresentano le zone in cui vi è il minor numero di incubatori. Per quanto riguarda la diffusione startup incubate, quasi l’80% è localizzata in Italia settentrionale e in particolare nelle Regioni del Nord-Ovest.
Di seguito numeriche di start-up innovative e incubatori al 31 dicembre di ogni anno.
L’Italia è indietro rispetto ad altri Paesi industrializzati
Come si è detto, ad oggi, non solo in Italia, è fondamentale prevedere un buon sistema di incubatori e start-up innovative per poter competere a livello globale. Proprio per questo motivo, negli ultimi anni, sia a livello pubblico, sia a livello privato, si è cercato di investire in tal senso e i numeri sono in crescita. Ciononostante, ad oggi, l’ecosistema italiano degli incubatori per le imprese innovative e delle start-up appare ancora distante rispetto a quello di altri Paesi maturi. In media, gli incubatori/acceleratori italiana hanno ricevuto nel 2020 circa 130 richieste di incubazione ma in realtà sono riuscite a supportarne concretamente circa 25.
Inoltre, secondo molti specialisti, il MISE ha posto dei parametri semplici da rispettare per rientrare tra le start-up innovative. In realtà, molte di queste imprese sembrerebbero semplicemente capaci di adoperare alcuni strumenti digitali, che sono ormai diffusi in tutte le realtà imprenditoriali. Per tale motivo, il Politecnico di Milano adopera il termine “start-up hi-tech” per indicare una start-up che si occupa di temi ad alto contenuto tecnologico.
Per identificarle, utilizza criteri più stringenti tra cui la modalità di approvvigionamento di fondi finanziari. Se una start-up ha ricevuto finanziamenti da finanziatori informali (business angel, portali di crowdfunding o manager che implementano strategie di private equity) o da finanziatori formali (investitori istituzionali, che a valle di un’analisi del rischio, c.d. due diligence, implementano una strategia di venture capital) si presuppone che tale imprese stiano trattando di beni o servizi ad alto contenuto tecnologico e nel medio-lungo termine possano esprimere un alto potenziale di sviluppo. Adoperando questo filtro, solo il 15% delle start-up innovative tratterebbero realmente di tematiche concernenti la digital transformation. Si parla di numeri esigui rispetto all’economia nazionale.
Prospettive per il futuro
Detto ciò, negli ultimi anni, sono stati registrati alcuni importanti miglioramenti, anche per le start-up hi-tech. Nel 2020, nonostante la pandemia, l’ecosistema ha mostrato una forte resilienza. Nel 2021, gli investimenti totali in Equity di startup hi-tech italiane ammontano a 1,461 miliardi di euro, un valore più che raddoppiato (+118%) rispetto al totale registrato nel 2020.
Di seguito una serie storica sugli investimenti totali raccolti dalle start-up hi-tech italiane, suddivisi per tipologia di investimenti.
I finanziamenti provenienti da attori formali confermano il loro tradizionale ruolo di guida per l’intero ecosistema grazie a un’importante crescita di circa il 96%, passando dai 294 milioni di euro del 2020 ai 576 milioni del 2021. I finanziamenti da attori informali registrano a loro volta una crescita superiore al 92%, passando dai 245 milioni di € del 2020 ai 449 del 2021. La terza ed ultima componente – quella dei finanziamenti internazionali – determina in maniera significativa il raddoppio degli investimenti del 2021, passando da circa 130 milioni di euro del 2020 agli oltre 435 milioni di quest’anno. I capitali attratti dall’ecosistema startup hi-tech da parte di player esteri nel 2021, provengono prevalentemente dagli Stati Uniti (74%), seguiti dall’Europa (25%) e in minore parte dall’Asia (0,43%).
Per il futuro, fa ben sperare anche l’ottimo lavoro svolto da alcuni incubatori; a titolo di esempio, si pensi che l’incubatore I3P del Politecnico di Torino è considerato tra i miglior incubatori pubblici al mondo; è auspicabile in tal senso estendere le buoni prassi in tutto l’ecosistema di incubatori e start-up d’Italia.
Rafforzare l’ecosistema di incubatori e start-up in Italia
Per migliorare tale sistema a livello nazionale, secondo molti analisti, occorre:
- continuare ad incentivare la nascita di nuovi incubatori. Un buon network di acceleratori, legato al mondo universitario e imprenditoriale, dovrebbe riuscire, da una parte, a potenziare l’ecosistema delle start-up e, dall’altra, a supportare le aziende a più alto potenziale nel loro percorso di crescita. Appare sempre più fondamentale coprire, nel breve periodo, il gap con le altre economie europee mature (in primis Germania, Francia e Spagna);
- puntare maggiormente come Paese sulla pratica del corporate venture capital. Sarebbe auspicabile incentivare investimenti sistematici a favore di start-up attive nel campo tecnologico da parte di imprese consolidate. Negli Stati Uniti ben il 30% del totale degli investimenti da venture capital arriva dalle grandi imprese. Le imprese piccole e neonate riescono ad esprimere un’agilità e una freschezza che difficilmente riescono ad identificarsi nelle aziende più datate;
- cercare di instaurare una crescita maggiormente inclusiva a livello nazionale. Occorre dunque coinvolgere i territori e i settori meno rappresentati in questa corsa verso l’innovazione e la digitalizzazione.
TAKE AWAY
► A settembre 2022 risultano circa 14.000 start-up innovative in Italia. Tra queste un 15% è classificabile come start-up hi-tech. Quest’ultime hanno raccolto quasi 1,5 miliardi di euro nel 2021 (+118% rispetto al 2020); a fine 2021 si contano 229 incubatori.
► Paragonati ad altri Paesi sviluppati, tali numeri appaiono esigui, ma sono tutti in forte ascesa. Inoltre, si prospetta una forte crescita nei prossimi anni.
► Per colmare il gap con altre economie, nel futuro si dovrà inoltre investire maggiormente in istruzione, incubatori e in generale in un modello di crescita inclusiva a livello nazionale.
Fonti:
– Ministero dello Sviluppo Economico – Startup innovative
– Ministero dello Sviluppo Economico – Startup innovative: Relazione annuale e rapporti periodici – 2022
– Politecnico di Torino – Report 2021 sull’impatto degli incubatori e acceleratori italiani – Aprile 2022
– Osservatorio Startup Hi-tech Politecnico di Milano – Osservatorio Startup Hi-tech 2021 – Dicembre 2021
– Ubi Global – World Rankings of Business Incubators and Accelerators 2019/2020 – Novembre 2019