Economia non osservata ed evasione in Italia

Prima di affrontare il tema dell’evasione in Italia nello specifico, è bene chiarire alcuni concetti:

  • strettamente connesso al fenomeno dell’evasione fiscale, c’è il concetto di economia non osservata. Si tratta dell’economia che non essendo ufficialmente registrata, non viene regolarmente tassata;
  • è impensabile eliminare totalmente il fenomeno dell’evasione in un determinato Paese;
  • ridurre l’evasione comporta, nel breve e medio termine, la produzione di effetti recessivi sull’economia. In assenza di evasione, alcune attività economiche non verrebbero svolte e gli agenti economici impossibilitati ad evadere caricherebbero il sopraggiunto onere sui consumatori finali. Come è facile immaginare, a fronte di prezzi più alti, alcuni consumatori sceglierebbero il risparmio a discapito del consumo.

Da queste prime considerazioni, si evince che combattere tale fenomeno non è semplice. Non esistono ricette preconfezionate valide in tutti i contesti. Ciononostante, la lotta all’evasione dovrebbe rimanere una delle priorità di ogni governo, compreso quello italiano. Una lotta serrata a tale fenomeno produce infatti evidenti miglioramenti sui conti pubblici e contribuisce a creare una sana competizione tra gli attori economici.

Redistribuzione dei redditi e carico fiscale in Italia

Prima analizzare la portata dell’evasione in Italia, è interessante capire come è strutturato attualmente il sistema fiscale italiano e, dunque, come lo Stato redistribuisce i redditi.

Stando ai dati delle dichiarazioni del 2020 (dati del 2019), circa il 44% dei contribuenti paga il 2,4% dell’IRPEF: il 24% paga 22 € annui. Segue un 13,8% di contribuenti che paga il 6,6% delle imposte, 1.348 € pro capite, insufficienti per pagarsi la sanità. Il 29% paga imposte quasi autosufficienti per il welfare, mentre il grosso delle tasse proviene dal 13% dei cittadini con redditi superiori ai 35.000 euro, che paga il 59% dell’IRPEF.

I 41.000 contribuenti con redditi annui oltre i 300.000 euro (0,1% dei contribuenti) pagano il 6% dell’IRPEF. Se sommiamo anche quelli da 100.000 euro in su (poco più di 730.000), pagano il 19,8% delle imposte.

Anche se le diseguaglianze stanno aumentando, è chiaro che il Bel Paese è uno Stato dove avviene una robusta redistribuzione della ricchezza tramite un sistema di tassazione progressivo. Di fatto, le aliquote fiscali italiane aumentano all’aumentare del valore imponibile. Alcuni economisti sostengono che uno dei motivi connessi al fenomeno dell’evasione italiana, risieda proprio in questo sistema progressivo, che sembra scoraggiare la completa dichiarazione dei redditi. Al netto dell’economia non osservata, la pressione fiscale (calcolata come totale dell’IRPEF pagata sui redditi dichiarati) ha raggiunto nel 2019 il 48,2%, un valore molto alto.

Il coefficiente di Gini è un indice usato per misurare la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza in un Paese. È un numero compreso tra 0 ed 1. Valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione abbastanza omogenea. Il valore dell’Italia al 2018 è di 0,33 contro una media OCSE del 2016 pari a 0,32.

Propensione all’evasione in Italia e nel resto d’Europa

Nel Bel Paese l’evasione assume contorni preoccupanti rispetto agli altri Paesi sviluppati.
Per confrontare le dinamiche dell’evasione fiscale italiana con quella degli altri Paesi europei si prenda a riferimento il seguente grafico. Quest’ultimo evidenzia l’IVA evasa da ogni Paese europeo nel 2019 in termini assoluti (milioni di euro) e relativi sul totale dell’IVA versata. Si mette in luce il cosiddetto tax gap relativo all’IVA (VAT Gap), ovvero la differenza tra imposte (in questo caso l’IVA) versate e le imposte che i contribuenti avrebbero dovuto versare in un regime di perfetto adempimento.

Come è possibile evincere da queste stime, l’Italia risulta il Paese europeo che evade maggiormente l’IVA in termini assoluti e uno dei primi in termini relativi (21,3% rispetto ad una media UE28 pari all’10,3%).

Sui motivi che determinano una forte propensione all’evasione in Italia, si potrebbe discutere a lungo. Oltre al tema già citato, relativo al sistema fiscale, la grande diffusioni di microimprese, più predisposte all’evasione, incide sicuramente sul fenomeno. Per saperne di più sulla struttura economica italiana, si rimanda all’apposito articolo.

Le dimensioni dell’economia non osservata nel Bel Paese

Il forte radicamento del fenomeno nel Bel Paese è confermato dall’ISTAT che, nel 2019, ha registrato un valore aggiunto generato dall’economia pari a 203 miliardi di euro (211 nel 2018). L’incidenza dell’economia non osservata sul PIL italiano nel 2018 è stata pari all’11,3% (12,1% nel 2017, 13% nel 2014).
Le componenti dell’economia non osservata sono divise dall’ISTAT in due macro-categorie: l’economia sommersa (90%) e attività illegali (10%):

  • L’economia sommersa a sua volta è suddivisa dall’ISTAT in tre categorie; sotto-dichiarazioni (90,2 miliardi), lavoro irregolare (76,8 miliardi) e “altro” tra cui fitti, mance e integrazioni salariali in nero (16,4 miliardi).
    Circa l’80% del sommerso economico si genera nel terziario. In particolare, si concentra in tre settori di attività economica: “Altri servizi alle persone” (35,5%), “Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione” (21,9%) e “Costruzioni” (20,6%).
    Nel 2018 sono 3,586 milioni le unità di lavoro a tempo pieno in condizione di non regolarità (-1,6% rispetto al 2018). Nel 2019, l’incidenza del lavoro irregolare registra una riduzione diffusa nella maggior parte dei settori di attività economica.
  • Tra le attività illegali (19,4 miliardi, +0,9% dal 2018) il traffico di stupefacenti conta 14,8 miliardi di euro in termini di valore aggiunto, mentre la prostituzione circa 4 miliardi di euro.

L’incidenza dell’economia non osservata nel 2018 era molto alta nel Mezzogiorno, dove rappresentava il 18,8% del complesso del valore aggiunto, seguita dal Centro (13,8%), Nord-est (10,9%) e Nord-ovest (10,3%).

Le tasse più evase in Italia

Un’economia non osservata di queste dimensioni, come è facile immaginare, è strettamente correlata ad un’evasione fiscale consistente, non solo in termini di IVA.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze stima che il tax gap relativo a tutte le imposte, al 2018, è stato circa 103 miliardi di euro. Secondo l’OCPI (Osservatorio Conti Pubblici Italiani), l’indicatore potrebbe essere decisamente più alto. Di seguito un’analisi sulle tasse più evase dal 2012 al 2019 in termini assoluti (in miliardi di €).

Nel 2019, in termini assoluti, le imposte più evase sono l’IRPEF, l’imposta sul reddito delle persone fisiche per lavoro autonomo e impresa, (32,4 miliardi), l’IVA (27 miliardi) e l’IRES, l’imposta sul redito delle società (8,3 miliardi).

Di seguito un’analisi sulla propensione all’evasione per tipologia di tassa dal 2012 al 2019. L’indicatore indica in termini % l’evasione registrata per una tassa rispetto al gettito teorico previsto per la tassa stessa.

Come risulta dal grafico, la propensione all’evasione dell’IRPEF per lavoro autonomo e impresa risulta decisamente maggiore rispetto a quella delle altre tasse. Al 2019, è piuttosto alta anche la propensione all’evasione anche per TASI, IMU, IRES, IVA e IRAP.

La platea degli evasori in Italia

I dati appena esposti indicano che la platea di evasori in Italia è molto ampia. I lavoratori dipendenti hanno molta più difficoltà ad evadere l’IRPEF, in quanto quest’ultima è versata automaticamente dal datore di lavoro; al contempo, quest’ultimi contribuiscono fortemente all’evasione dell’IVA e quando lo fanno, consentono ai lavoratori autonomi e alle imprese di evadere l’IRPEF.

Dall’analisi stilata dal MEF emerge che il gettito evaso è maggiore nelle regioni del Nord. Questi territori hanno un reddito e una base imponibile più elevata. D’altro canto, il grado di evasione è più elevato al Sud. Ciò implica che, come in molti altri ambiti, vi sono chiare eterogeneità a livello territoriale e si dovranno implementare strategie diverse per combattere il fenomeno in ogni regione.

Il bicchiere mezzo pieno

Al netto delle molte criticità, negli ultimi anni si possono registrare alcune vittorie per lo Stato:

  • Il gap tra gettito teorico e gettito incassato è sceso dal 22,1% del 2012 al 19,3% del 2018, anche grazie alla buona congiuntura economica;
  • Per quanto riguarda il canone Rai, in seguito alla riforma del 2015 che lo ha incorporato nella bolletta della luce, la propensione all’evasione si è ridotta drasticamente, dal 35,6% del 2014 al 10,9% del 2019;
  • Per quanto riguarda le locazioni, grazie all’introduzione della cedolare secca per gli affitti, la propensione all’evasione si è ridotta dal 14,8% del 2015 fino all’8,4% del 2019.

Purtroppo, nel 2020, si è verificato uno stop alle attività di contrasto all’evasione durante il lockdown e l’economia, nel 2021, non è riuscita a ritornare ai livelli pre-crisi. La propensione all’evasione tende a crescere nei periodi di crisi economica, a causa della contrazione del credito, del maggior rischio di fallimento delle imprese e dell’aumento del lavoro nero. Si stima dunque che ci sarà un aumento dell’evasione fiscale in questi due anni.

È chiaro che per tamponare questa grande emorragia dovranno essere messe in campo soluzioni complesse e variegate, che dovranno far tesoro delle moderne tecnologie fintech in campo di gestione ed integrazione dei dati finanziari. La difficoltà principale, oltre ad essere generata dall’entità del sommerso, è costituita dal fatto che si dovrà incidere profondamente sui comportamenti quotidiani di milioni di persone, senza dimenticare le premesse fatte ad inizio articolo.

Combattere l’evasione in Italia

In generale, per combattere tale fenomeno, gli istituti di ricerca esperti in materia suggeriscono unanimemente specifiche misure:

  • l’introduzione della trasmissione obbligatoria per via telematica delle fatture emesse (come precondizione per la successiva detrazione da parte del cliente);
  • la sostituzione degli attuali registratori di cassa con terminali più innovativi direttamente collegati con l’Agenzia delle Entrate;
  • la riorganizzazione delle aliquote IVA in modo da impedire o limitare l’evasione da arbitraggio sulle aliquote;
  • l’introduzione dell’accertamento automatico per i contribuenti rei di sotto-dichiarazione;
  • l’utilizzo sistematico delle informazioni sui saldi e i movimenti dei conti correnti di tutti i contribuenti;
  • l’incentivazione all’uso della moneta elettronica.

TAKE AWAY

► Ridurre del tutto l’evasione è impossibile; ridurla parzialmente comporta nel breve periodo fenomeni recessivi sull’economia. Eppure, in Italia, il fenomeno assume contorni preoccupanti e grava fortemente sui conti pubblici. Il Bel Paese risulta uno dei maggiori evasori in Europa, in termini relativi e assoluti.
► L’economia non osservata nel 2019 è pari a oltre 203 miliardi, oltre l’11,3% del PIL. In termini assoluti, le imposte più evase sono l’IRPEF (32 miliardi) e l’IVA (27 miliardi). La platea degli evasori è vasta e si riscontano eterogeneità a livello geografico.
► I nuovi strumenti tecnologici in ambito finanziario potrebbero dare un contributo importante alla lotta all’evasione. Saranno ancor più fondamentali in vista della crisi innescata dalla pandemia da Covid-19.

Fonti:
– Ministero dell’Economia – Dichiarazioni del 2020 – Maggio 2021
Ministero dell’Economia – Relazioni sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva – Dicembre 2021
Commissione Europea – VAT GAP: 2021 Report – Settembre 2021
ISTAT – L’economia non osservata nei conti nazionali: anni 2016-2019 – Ottobre 2021
OCPI – Il nuovo rapporto sull’evasione fiscale: migliora l’IVA ma la crisi potrebbe far crescere l’evasione – Ottobre 2020
– Carlo Cottarelli – I sette peccati capitali dell’economia italiana – Feltrinelli, 2018