Disoccupazione e occupazione in Italia

Il tasso di disoccupazione è un indicatore statistico che esprime la percentuale di disoccupati sulla popolazione attiva nel mercato del lavoro. In questo articolo la classe di età considerata come popolazione attiva è quella maggiore di 15 anni.
Nel 2020 il tasso di disoccupazione in Italia è del 9,2%. Seppur in calo rispetto agli anni precedenti, rimane piuttosto alto.
Nello stesso anno, il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è a quota 29,4%. Gli unici Paesi europei a fare peggio dell’Italia sono Grecia e Spagna. Il 2019 si era chiuso con numeri migliori, ma la pandemia dovuta al Covid-19 ha fatto rialzare i tassi.

Di seguito una panoramica dal 2004 al 2020 dei tassi di disoccupazione, giovanile e non, suddivisi per sesso.

Il calo del tasso di disoccupazione totale (>15 anni) sta avvenendo a rilento negli ultimi anni. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è perfino aumentato negli ultimi anni. Le differenze in termini di genere risultano piuttosto evidenti.

Disoccupazione per titolo di studio e area geografica

Di seguito, una panoramica riguardo la disoccupazione (>15 anni) per titolo di studio e per area geografica dal 1977 al 2020.

Dalla serie storica si nota come il fenomeno della disoccupazione sia strettamente legato alle crisi economiche che hanno colpito l’Italia. Le ultime, del 2008 e del 2011, sembrano aver esaurito il loro effetto negativo sull’occupazione dopo il 2014.

Da un punto di vista accademico, da almeno 20 anni il fatto di possedere un titolo di studio più alto offre maggiori opportunità di lavoro rispetto alla media. Anche per tale motivo, l’Italia dovrebbe investire in politiche mirate per aumentare il numero dei laureati e diplomati.

Da un punto di vista geografico, i dati mostrano un Paese a due – se non a tre – velocità. Il Nord mostra i tassi di disoccupazione più bassi, il Centro lo segue poco al di sopra. Il Mezzogiorno mostra un tasso di disoccupazione molto superiore alla media nazionale.

Disoccupazione e riflesso sul tasso di occupazione in Italia

Il tasso di occupazione è un altro importante indicatore statistico del mercato del lavoro. Esprime la percentuale di popolazione occupata sul totale della popolazione. Nel 2018 e 2019 si sono registrati aumenti dell’occupazione e si sono superati i livelli pre-crisi 2008. Il tasso di occupazione 15-64 anni ha toccato nel 2019 il massimo storico, superando il 59%, anche se ben lontano dalla media UE.

Nel 2020, anno della pandemia, si è registrato un forte calo degli occupati (-456.000), con il tasso di occupazione che è tornato ai livelli del 2017 (al 58,1%). Di seguito, una panoramica riguardo l’occupazione (15-64 anni) per sesso, titolo di studio e area geografica dal 1977 al 2020.

Le donne e il Mezzogiorno mostrano i tassi di occupazioni più bassi rispetto a quelli delle controparti. Il tasso di occupazione sale inoltre all’aumentare del livello del titolo di studio.

Nel 2020, su un totale di circa 23 milioni di occupati, circa 17,7 (il 77%) erano dipendenti e circa 5 (il 23%) indipendenti. Di seguito una fotografia dei lavoratori dipendenti, dal 2004 al 2020, suddivisi per età, tipologia di contratto e cittadinanza.

Nel 2019, tra gli inattivi compresi tra i 15 e i 64 anni, vi erano 2,9 milioni che rappresentano forza di lavoro potenziale. Tra gli inattivi, particolare attenzione meritano i giovani Neet (not in education, employment or training), giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro. Essi sono nel 2020 più di 2 milioni.

Per approfondire la tematica della forza lavoro in Italia, puoi leggere l’articolo riguardante la Pubblica Amministrazione, la struttura dell’economia in Italia e l‘impatto degli stranieri sull’economia italiana.

Un confronto tra Paesi Europei

Di seguito una panoramica sui tassi di disoccupazione (15-74 anni) e sui NEET (15-29 anni) tra i Paesi Europei al 2020. L’Italia risulta in Europa il terzo Paese per tasso di disoccupazione e il primo Paese per tasso di NEET.

Sui motivi che non permettono all’Italia di equiparare i tassi di disoccupazione e occupazione degli altri Paesi europei incidono molte variabili: certamente le disparità in termini di genere e territoriali e il basso tasso di laureati e diplomati.

In quest’ottica, guardando i dati preliminari del 2021, si spera che il 2022 sia l’anno in cui si ritorni ai tassi di disoccupazione e occupazione ai livelli pre-Covid e si inizi un percorso che porti ad una brusca inversione di rotta.

Perché tanti disoccupati

Oltre alle problematiche appena citate, vi è anche un’importante criticità legata al mismatch (disallineamento) tra domanda (delle imprese) e offerta (dei lavoratori) nel mercato del lavoro. Negli ultimi anni, la distanza economica che separa l’Italia dalla media dei Paesi leader è in gran parte attribuibile all’incapacità del sistema economico di soddisfare la domanda di beni e servizi che il mercato reclama.

A titolo di esempio, si guardi il grafico sottostante elaborato su dati del 2019, in cui sono riportati i tassi di occupazione e gli stipendi medi a tre anni dalla laurea, per diversi percorsi universitari.

Attualmente le lauree scientifiche portano a risultati migliori di quelle umanistiche, sia in termini occupazionali, sia in termini monetari. Le facoltà umanistiche, molto frequentate in Italia, offrono spesso percorsi non aggiornati alle caratteristiche del nuovo mondo digitale. Inoltre, l’orientamento allo studio non viene effettuato in maniera appropriata nel passaggio tra le scuole medie e superiori e tra le superiori e l’università.

Ne deriva che, da una parte, occorre aggiornare i programmi scolastici, dall’altra, occorre orientare le nuove generazioni a compiere scelte più consapevoli nel mondo dello studio e del lavoro, pur rispettando le naturali inclinazioni di ogni individuo.

Investire sul futuro per invertire la rotta

Per uscire da questo impasse, occorre aumentare gli investimenti pubblici in istruzione e ricerca. Come ribadito nell’articolo che indaga le peculiarità del sistema educativo italiano, l’Italia attualmente sta investendo nell’istruzione una % di PIL minore rispetto ai suoi omologhi europei. Investire in tale capitolo di spesa avrebbe sicuramente un effetto positivo su tutti gli effetti distorsivi che incidono sull’alto tasso di disoccupazione.

In un mondo in cui il contenuto tecnologico dei beni e dei servizi è la chiave per trainare l’economia di un Paese, il sapere dovrebbe essere messo al primo posto. In Italia osserviamo tassi di analfabetismo funzionale e analfabetismo digitale troppo alti. Tali dati sono strettamente legati alla capacità produttiva di un Paese.

In questo contesto, il paradosso è che gran parte del tessuto imprenditoriale non è in grado di assorbire offerta di lavoro qualificato. Dal 2010 al 2019 più di 899.000 italiani si sono trasferiti all’estero; il 23% (circa 208.000) era in possesso di una laurea.

TAKE AWAY

► Il tasso di disoccupazione (over15) nel 2020 è del 9,2%. Il tasso di occupazione (15-64 anni) è del 58,1%. Nel 2020 l’Italia risulta il terzo Paese UE per tasso di disoccupazione e il primo Paese per tasso di giovani (20-34 anni) che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro (NEET).
► I tassi di occupazione e disoccupazione italiani dipendono fortemente dal genere (a sfavore delle donne), dalla geografia (a sfavore del Sud) e dal basso numero di laureati e diplomati. Oltre a specifiche politiche mirate ad attutire questi effetti distorsivi, l’Italia dovrebbe investire maggiormente nell’integrazione tra mondo accademico a lavorativo.

Fonti:
ISTAT – Annuario Statistico Italiano 2020: Mercato e lavoro – Dicembre 2021
EUROSTAT – Young people neither in employment nor in education and training (NEET), by sex and age – Novembre 2021
EUROSTAT – Unemployment by sex and age – Novembre 2021
ISTAT – Tasso di occupazione per età, regione, titolo di studio – Marzo 2021
ISTAT – Tasso di disoccupazione per età, regione, titolo di studio – Marzo 2021
AlmaLaurea – Condizione occupazionale dei laureati 2020 – Giugno 2021